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Mentre procediamo in macchina verso lo stabilimento Pirelli di Settimo Torinese ripenso a Georg Simmel e alia sua teoria estetica.
Solo analizzando i linguaggi estetici della realtà si può sperare di capire come essa viene prodotta. Solo dttraverso la bellezza - o la sua scomparsa - si può sperare di capire il sistema sociale ed economico. Un'idea che all'epoca, inizio Novecento, fine del Primo capitalismo, non venne capita anche perchè l'unico generatore di bellezza era l'arte. Oggi invece, Quarto capitalismo, in cui quel ruolo è entrato in un processo di moltiplicazione e disseminazione, l'intuizione di Simmel appare in tutto il suo valore. Insieme a quella di un altro intellettuale di qualche anno più giovane James Hillmann, per cui l'estetica delle città, delle periferie e soprattutto delle fabbriche rappresenta il nostro inconscio.
Tutto il rimosso, cioè, che non volevamo vedere, che angoscia i nostri giorni, che s'abbatte sul nostro destino. Tutto guesto perchè abbiamo dimenticato il valore della bellezza.
Affidarsi, quindi, al potere dell'estetica, portando bellezza nelle città, nei luoghi di lavoro, nelle case è l'unica possibilità di riconciliare il nostro legame con il mondo. Evolvendo nella direzione del bene, che è l'altra faccia del bello.
Protagonista del capitalismo dalle origini, Pirelli dimostra di avere questa idea nel proprio DNA, continuando a investire nella dimensione del bello dove confluiscono le sue due direttrici industriali, l'innovazione e la ricerca.
Laseiando l'auto a pochi metri dall'ingnesso, infatti, sotto a un ciliegio che e l' delle risorse siano possibili grazie all'estetica.