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Qualcuno l’ha voluto definire ‘minimalismo espressivo’, perché all’essenzialità del guardaroba si è aggiunto un pizzico di brio, quello che di solito manca all’approccio ‘rigoroso’. Definizioni a parte, il genere che prevale in questa ultima tornata di sfilate, aldilà e al di qua dell’oceano, è un lusso discreto, silenzioso, caratterizzato da tinte piuttosto pacate ma da dettagli che, più o meno evidenti ma mai ostentati, conferiscono un tocco ‘altro’ al look e all’intera collezione, come quando a un piatto si aggiunge una particolare spezia. Sarà così , una severità smussata agli angoli, una pulizia con qualche intenzionale sbavatura. Con il sartoriale quasi sempre di base, in equilibrio tra maschile e femminile, sono i contrasti materici, l’espressività di volant, ruche e drappeggi, i mille volti e usi della maglieria, la ricercatezza dei ricami, a conferire movimento e brio a un trend che odia il chiasso e l’ostentazione e vuole restare sobrio. Stesso tocco classico e sofisticato per , con la particolarità ovvero l’arte di raccontare storie, traducendole in mise teatrali, visionarie, ricche di orpelli, che siano stampe, decorazioni, accessori e con una palette cromatica accesa, non troppo ma più intensa dei neutri a cui i brand ci stanno assuefando. Dietro queste collezioni c’è un immaginario che dà libertà di stile ed espressione, una sorta di lasciapassare che permette di uscire dal tracciato e lasciarsi andare, almeno un po’. Parlare di massimalismo forse è esagerato ma è abbastanza per far venire nostalgia di quando la moda era pazza e colorata, magari meno portabile ma in grado di produrre sogni ed entusiasmi.